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Politik | Vorausgespuckt

Una guerra al buio?

Trent'anni fa la prima guerra del golfo suscitò un dibattito sulla legittimità del conflitto dal punto di vista della sua “efficacia”. Un aspetto oggi trascurato.

Trent'anni fa (trentuno, per l'esattezza) la domanda che ci ponevamo era questa: è giusta la guerra contro Saddam Hussein, responsabile di aver invaso il Kuwait? Mutatis mutandi, non è mutato molto: la domanda è ancora lì, anche a proposito dell'attuale conflitto tra Ucraina e Russia ci siamo chiesti e ci chiediamo se sia “giusto” sostenere il popolo ucraino che ha deciso di resistere all'invasore fratricida.

Una guerra deve essere vincente e limitata nello spazio e nel tempo

Percorro il profilo della questione rileggendo un piccolo testo di Norberto Bobbio, che in occasione della “guerra del golfo” (come venne chiamata) si espose dicendo che sì, quella guerra era “giuridicamente” giusta, anche se poi la sua considerazione (più dubitativa) si allargava a considerare una seconda domanda: ammesso che si tratti di una guerra “giusta”, è anche una guerra “efficace”? Riporto un frammento del testo, tratto da un'intervista pubblicata il 29 gennaio del 1991 dal giornale brasiliano “Folha de S. Paulo”:

Oltre che giusta o legittima, la guerra deve essere anche adeguata all'obiettivo. Perciò deve essere, anzitutto, vittoriosa. Se qualcuno fa la guerra e la perde, non raggiunge l'obiettivo... Inoltre la guerra deve essere limitata nel tempo – deve cioè durare il meno possibile – e limitata nello spazio, cioè deve essere contenuta nell'ambito in cui è scoppiata; nel caso in questione, l'Iraq e il Kuwait. Posso aggiungere che queste due limitazioni sono strettamente collegate, perché se la guerra si estende, al tempo stesso si allunga. Infine, [dico] che sarebbe un grande problema se questa guerra si trasformasse in un nuovo Vietnam. La riparazione di un “torto” (...) non deve dar luogo a un massacro.

Questo scriveva Bobbio, nel 1991. Col senno di poi ognuno può ricercare (in proprio) se quella guerra fu breve e circoscritta e/o se non dette luogo, anche e soprattutto tra la popolazione civile, a un massacro (va chiaramente notato che di guerre del golfo, poi, ce ne furono due, e mosse da due finalità diverse). Certo, probabilmente non è per nulla agevole stabilire una comparazione, sono infatti troppe le differenze tra la situazione che stiamo vivendo e quella alla quale si riferiva Bobbio (una fra tutte: l'Iraq non disponeva di armi nucleari, e l'accusa di star preparando armi di “distruzioni di massa” non ha poi mai trovato effettivo riscontro). La domanda di fondo però resta: quante probabilità ci sono che la guerra condotta dagli ucraini si riveli vincente, breve e circoscritta?

Perché non ci stiamo facendo la domanda decisiva?

Non so se ci sia qualcuno in grado di fornire una risposta a questa domanda decisiva, anche perché a me pare che nessuno se lo stia veramente chiedendo. In un certo senso, è come se il conflitto al quale stiamo assistendo si stesse svolgendo al buio, cioè lasciando del tutto impregiudicato l'orizzonte del suo possibile sviluppo. Come se – insomma – stessimo tutti dicendo: non è possibile stabilire quanto durerà la guerra e quali conseguenze avrà, ma intanto combattiamola, anzi facciamo in modo che continui ad essere combattuta (o anche: smettiamo subito di combattere, smettiamo di alimentare la spirale di violenza, pensando ingenuamente che la sospensione unilaterale della violenza abbia come effetto la cessazione della violenza da parte della parte avversa) e poi staremo a vedere ciò che accadrà. Ma se non possiamo stabilire (anche ipoteticamente) quanto durerà la guerra, è chiaro, non è neppure possibile riflettere sulla questione della sua efficacia, efficacia che infatti – in modo direi alquanto preoccupante – viene considerata poco o citata raramente da tutti quelli che parlano e si accapigliano intorno al tema.

Ancora Bobbio: “Come spesso accade, una guerra nasce da una causa occasionale e si estende a poco a poco al di là dell'occasione. La guerra attuale è nata da una causa reale, l'invasione di uno Stato sovrano da parte di un altro Stato sovrano, ma può accadere che, allargandosi e allungandosi, la causa reale venga degradata a causa occasionale”.