Community Highlight Community Highlight
Politik | Classi speciali

La paura dei barbari

La storia della scuola in provincia di Bolzano purtroppo gronda sangue.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
Mittelschule St. Martin in Thurn
Foto: Seehauserfoto
  • Il fascismo come ogni totalitarismo ha utilizzato la scuola come metodo per italianizzare la popolazione di lingua tedesca e questo trauma, anche se è passato quasi un secolo, è ancora vivo nella testa e nei sentimenti di molte persone. Quindi ogni qual volta si parla di scuola, è inevitabile che scattino reazioni emotive, comprensibili ma non necessariamente razionali. La politica ovviamente su queste questioni va a nozze. Se non si potesse ogni volta rimestare la polemica etnica è probabile che molti dei protagonisti tedeschi e italiani del teatrino uscirebbero mestamente di scena. 

    La querelle delle classi speciali alle scuole Goethe di Bolzano è il tema oggi al centro dell’attenzione e la storia presto riassumibile. Nel capoluogo cosi come nei centri dove ancora c'è una quota di popolazione di madre lingua italiana e un alto tasso di stranieri, le iscrizioni alle scuole porta con sé lo scompaginamento dei principi fondativi del modello della formazione separata tra tedeschi e italiani. Essendo ormai quello tedesco il gruppo dominante a tutti i livelli della vita politica, economica e sociale, è più che ovvio che molte famiglie abbiano la legittima aspettativa di fare imparare ai loro figli la lingua che apre la possibilità dell’integrazione e dell’ascesa sociale. L’effetto è che in alcune scuole tedesche, il numero di iscritti non di madre lingua è aumentato esponenzialmente. 

    Genitori e insegnanti legittimamente esprimono preoccupazioni sull’efficacia dell’apprendimento in classi in cui i non madre lingua sono assoluta maggioranza. Invece che essere prese sul serio queste istanze sono purtroppo subito strumentalizzate da una classe politica sinceramente a un livello da sottosuolo. L’aumento del numero di non madrelingua è un fenomeno che investe tutta Europa. Ci sono molte realtà urbane e non in cui la quota di non autoctoni raggiunge l’80-90% degli iscritti e nonostante i problemi non semplici da risolvere ci si tira su le maniche per cercare di affrontarli.

    Qualche invero assai sprovveduto commentatore ha in questi giorni invocato la natura protezionistica dello Statuto di Autonomia per giustificare l’idea delle classi speciali sostenendo che scuole invase da non madrelingua metterebbero a rischio l’identità della minoranza tedesca in un paese straniero. L’osservazione è ovviamente risibile perchè la tutela della minoranza tedesca e lo statuto di Autonomia hanno creato una condizione in cui la popolazione tedesca è tornata completamente egemone in oltre il 90% del territorio provinciale con l’eccezione, provvisoria vista i tassi di invecchiamento e il livello bassissimo della classe politica italiana, della città di Bolzano e di qualche piccolo comune limitrofo. Quindi chi parla di pericolo di nuova italianizzazione onestamente o non sa cosa dice, oppure è in malafede. 

    Il problema delle classi con maggioranza di non madre lingua, tolta la paranoia dell’attacco alla minoranza tedesca ampiamente strumentalizzato da politici e megafoni giornalistici al soldo del sistema di potere dominante che in questi giorni hanno profuso tristissimi editoriali sui quotidiani locali, ovviamente esiste, e anche chi parla di inclusività a tutti i costi qualche serio limite a concettualizzare la questione lo mette in luce.

    E’ dimostrato che oltre una certa soglia - 35% 40% 50% 60% del totale degli iscritti nelle classi - su questo i pareri non sono sempre concordi - l’apprendimento linguistico in classi composte da studenti di diversa lingua incontra dei problemi anche con accorgimenti e investimenti di supporto specifici. Il caso classico peraltro conosciuto da decenni, e di cui nessuno ovviamente parla, è quello degli studenti multilingui che nel sistema delle scuole separate durante le ore di insegnamento delle due lingue sono avvantaggiati rispetto ai monolingui, e per aspettare i progressi dei compagni devono girarsi i pollici in classe. Quindi che esista una legittima preoccupazione da parte di insegnanti e genitori sulla composizione delle classi con forti componenti di non madrelingua non può essere bollato come semplice atto di razzismo.

    Il problema del multilinguismo e della pluralità di etnie e culture nella provincia di Bolzano nell’Anno Domini 2024 non è però il rischio di barbarie conseguente al contatto dei madre lingua con i non madrelingua nelle classi scolastiche. Perché questo tema potrebbe essere affrontato con una pluralità di strategie: la definizione di un limite sensato di ingressi di non madrelingua nelle singole classi, l’organizzazione di corsi di accoglienza per gli iscritti non di madre lingua, la formazione degli insegnanti, la sperimentazione di scuole plurilingui a fianco del modello delle scuole separate. Come ha detto Harald Stauder, il nuovo stratega del partito di raccolta, la creatività ai sudtirolesi della provincia non manca. Sicuramente molti abitanti della provincia sono creativi, eventualmente a mancare la creatività è purtroppo a molti politici che non conoscono nemmeno le leggi e che accolgono con entusiasmo la soluzione delle classi speciali senza sapere che la normativa lo vieta.  

    Il grande vizio di quello che Michail Bachtim definiva “monologismo”, ovvero la convinzione che gli Altri siano un male da distruggere, o da evitare a tutti i costi, per preservare la purezza del Noi è che il problema dell’incontro con la diversità, prima ancora che essere fuori da noi, in provincia di Bolzano è dentro di noi e dentro a un livello così profondo che la gente nemmeno se ne accorge. “La paura dei barbari” è un libro scritto da Tzvetan Todorov che parecchi nella landa stretta tra il Brennero e la chiusa di Salorno dovrebbe leggere e studiare, in alcuni casi come quello del segretario della SVP e il Parteiobmann Steger, meglio sarebbe a memoria. Todorov, uno dei più grandi pensatori della tolleranza e della lotta ai totalitarismi del ventesimo secolo, si concentra in questo libro sul rapporto tra risentimento e paura, raccontando le vicissitudini storiche dell’incontro tra dominanti e dominati e tra colonizzati e colonizzatori nell’Europa degli ultimi secoli. E’ legittimo e giusto - scrive Todorov - che le persone difendano la propria identità. Ma in un mondo in cui tutto si contamina e tutto entra in contatto, al di là che noi lo vogliamo o meno, bisogna stare molto attenti al fatto che “la paura dei barbari è ciò che rischia di rendere barbari noi stessi”. 

    La provincia di Bolzano che piaccia o non piaccia è completamente dentro i flussi della globalizzazione, dei flussi migratori, della dipendenza dal turismo, del calo demografico che colpisce il mondo italianofono in modo drammatico, ma in modo non meno importante nel medio periodo anche quello tedesco. Quindi è semplicemente inevitabile, e altrettanto naturalmente ovvio, che la società locale sarà sempre più composta da gruppi di popolazione con lingue, culture e religioni diverse. Separare questi gruppi significa minare le basi fondanti della fiducia su cui qualsiasi società si fonda. Aprire le scuole all’incontro tra diversi non vuole dire perdere la propria identità, anzi eventualmente significa renderla in prospettiva più matura e capace di vivere nella complessità. 

    Quello che a me pare la storia della scuola Goethe dovrebbe insegnare è che accettare l’ineluttabilità di questa diversità è la vera sfida di questa fortunata e sfortunata terra. E la sfida della diversità non si affronta con i muri e le divisioni, ma con la lungimiranza e la capacità di fare dialogare le genti diverse. Con buona pace di chi continua a sventolare la bandiera dell’identità come fosse una mazza con cui colpire gli invasori. A forza di menare colpi a destra e a manca, il rischio è che il bastone scappi di mano e ce lo si dia sul cranio.