Politik | Autonomia

Un dialogo tra sordi?

La riforma dello Statuto di autonomia prevede un ridimensionamento del ruolo della Corte Costituzionale nell'interpretazione delle norme di attuazione. Alla luce della sentenza sul caso Twenty riflettiamo su questo aspetto della riforma con Francesco Palermo.
Ausstellung WIr und die Autonomie
Foto: Foto: LPA/Ivo Corrá
  • La recente sentenza sul caso Twenty non ha soltanto rimesso in discussione il futuro del centro commerciale nella zona industriale di Bolzano: ha anche dato modo alla Corte Costituzionale di riaffermare nuovamente la supremazia delle norme nazionali rispetto a una legge provinciale. In questo caso si tratta di sanzioni per abusi edilizi, che un’apposita legge provinciale aveva stabilito potessero essere minori rispetto a quelle nazionali. Se da una parte la critica a un eccessivo centralismo da parte della Corte Costituzionale è giustificata, in questo caso come cittadini dovremmo essere contenti di aver avuto questo controllo esterno che ci dice che no, non sempre quello che facciamo da soli va bene - giusto? Ma è proprio il "ripristino delle competenze,” ovvero limitare il ruolo della Corte Costituzionale, lo scopo principale della riforma dello Statuto di autonomia fortemente voluta dal Presidente Arno Kompatscher. Cosa significherà in futuro per questioni come la Lex Twenty

  • Cosa prevede la riforma

    Secondo il costituzionalista Francesco Palermo il caso del centro commerciale è emblematico della situazione attuale e mostra che, in questo momento, tra Roma e Bolzano c’è un dialogo tra sordi per quanto riguarda proprio questo aspetto della riforma. Se infatti l’eccessivo centralismo della Corte Costituzionale rappresenta effettivamente un problema, il modo in cui la riforma propone di superarlo ne verrebbe a creare un altro.

  • Il costituzionalista Francesco Palermo: "Siccome la Corte Costituzionale è centralista cerchiamo di eliminarla e facciamo delle norme per dire che noi siamo diversi?" Foto: Ost West Club
  • “La riforma prevede sostanzialmente una limitazione del ruolo della Corte facendo due cose: una che va bene e una su cui ho dei dubbi,” ricorda Palermo. L’aspetto positivo è che verranno specificate - in modo molto più dettagliato di prima - le competenze in tutta una serie di materie, dall’urbanistica agli orari di apertura dei negozi o alle distanze tra gli edifici e alla gestione della fauna selvatica. “È una lista di specificazioni all’interno delle materie di competenza della Provincia che serve a superare la giurisprudenza avversa della Corte Costituzionale negli ultimi vent’anni. Può piacere o non piacere, ma si tratta di un’operazione legittima che evidentemente limita il ruolo della Corte Costituzionale riaffermando la volontà politica di mantenere un ampio spettro di competenze,” conclude.

  • I limiti al controllo della Corte Costituzionale

    Ma c’è una seconda parte della riforma sulla quale anche un autonomista convinto come Palermo esprime forti dubbi. Si tratta di un piccolo passaggio che prevede “l'armonizzazione dell’esercizio - questa è l’ultima formula usata - della potenza legislativa statale, regionale e provinciale, tenendo conto delle particolari condizioni di autonomia attribuite alle regioni e alle provincie.” È un modo un po’ sottile per dire che le norme di attuazione possono sostituirsi alla Corte nel definire se una competenza spetta allo Stato o alla Provincia - in concreto, questa definizione in futuro spetterebbe alle commissioni paritetiche (Commissione dei Sei e Commissione dei 12 – quindi sostanzialmente al negoziato politico tra Bolzano e Roma) e non alla Corte Costituzionale, impedendole il controllo. 

    Piaccia o non piaccia, in uno stato di diritto c'è un organo giurisdizionale, non un organo politico, che decide su queste materie.

    Palermo è d’accordo con Kompatscher: la Corte Costituzionale ha preso negli ultimi anni una piega sempre più marcatamente centralista nell’interpretazione delle norme sulle competenze – e questo tocca tutte le regioni, non soltanto la nostra Provincia Autonoma (che, anzi, ne ha sofferto un pochino meno). Ma non è perché non ci piace la giurisprudenza costituzionale che possiamo ora decidere di lasciare questo compito alla politica. “Piaccia o non piaccia, in uno stato di diritto c'è un organo giurisdizionale, un organo terzo, non un organo politico, che decide su queste materie. Siccome la Corte Costituzionale è centralista cerchiamo di eliminarla e facciamo delle norme per dire che noi siamo diversi? Vogliamo risolvere un problema forzando i limiti dello Stato di diritto?

  • Altre soluzioni

    E tornando all’esempio del caso Twenty: “Perché le sanzioni per violazioni edilizie da noi devono essere diverse rispetto al resto d'Italia - e guarda caso più morbide? Su questo è difficile non dare ragione alla Corte Costituzionale, c'è una ragione autonomistica che dice che c'è qualche motivo per cui da noi possiamo sanarle più facilmente che altrove? Questo è appunto un atteggiamento che non aiuta il dialogo.”

    Ecco perché questa sentenza mostra che siamo ora al dialogo tra sordi: “Vedo una situazione abbastanza delicata, dove tutti hanno una parte di ragione ma anche una parte di torto e adesso questa riforma si colloca all'interno di questo processo. Ritenerci provincia speciale tra le regioni speciali in questo caso arriva a giustificare anche cose oggettivamente di difficile giustificabilità, forzando la mano.”

    Invece di “creare il nostro piccolo villaggio di Asterix” si potrebbero proporre altre soluzioni. “Si potrebbe istituire un organo, simile a quello che hanno gran parte delle regioni, che non è giurisdizionale ma offre pareri sulla legittimità costituzionale sulle proposte di legge regionali- una specie di mini corte costituzionale regionale. In Toscana, ad esempio, l’opposizione ha bloccato l’entrata in vigore della recente legge sul fine vita facendo ricorso a questo organo (il Collegio di Garanzia Statutaria della Regione Toscana), che si pronuncerà dal punto di vista tecnico. Questo potrebbe essere di grande aiuto,” osserva Palermo, ricordando che si potrebbero chiamare esperti al di fuori dei nostri confini (ci sono persone molto competenti anche a nord di Innsbruck e a sud di Trento, rimarca ironico).

    Il costituzionalista ha ragione: questo aspetto della riforma dovrebbe preoccuparci - e certamente di più della domanda se e quando Kompatscher avrà finalmente il suo incontro con la Presidente Meloni (per quanto importante o divertente possa essere). Provocatoriamente si potrebbe dire: non ci piace quella di Roma? Scegliamo la corte costituzionale di Vienna, o ancora quella di Karlsruhe, abituate entrambe a modelli federali di governo. Ma non lasciamo che venga tolto di mezzo un organo giuridico terzo; in questo modo rischiamo che problemi creati dalla nostra politica - ad esempio la legge Twenty - vengano giudicati da quella stessa politica. Essere giudici e parte non fa mai bene – neanche all’Autonomia.