Il gelo dell’indifferenza
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“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case” - Primo Levi
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Cosa sta succedendo
È notizia recente che in previsione della stagione fredda sono state cambiate le regole per l'accesso ai centri di accoglienza notturna destinati alle persone senza dimora. Scartata l'ipotesi di garantire l'accesso solo a chi fosse in possesso di documenti identificativi validi – ci dovremmo stupire che sia stata anche solo pensata! –, il 30 ottobre 2025 la Giunta comunale di Bolzano ha adottato una delibera che subordina l'ammissione ai ricoveri notturni invernali al criterio della "stabile presenza sul territorio" del capoluogo.
Si tratta della replica di un modello ricorrente che si ripete ciclicamente con l'approssimarsi della stagione fredda. Anno dopo anno si assiste a un balletto normativo caratterizzato da progressive riduzioni dei posti letto, dall'introduzione e dalla modificazione di requisiti documentali e territoriali per l'accesso ai ricoveri, da sgomberi sistematici di accampamenti informali, da dichiarazioni emergenziali seguite da provvedimenti restrittivi, da annunci di "nuove metodologie" che si traducono in ulteriori esclusioni. Questa dinamica rivela una contraddizione sistemica: da un lato si qualifica la grave marginalità come "emergenza", dall'altro si adottano misure che aggravano strutturalmente la condizione delle persone senza dimora, rendendole ancora più vulnerabili. L'emergenza non viene affrontata, ma amministrata attraverso strumenti che ne perpetuano la natura emergenziale, impedendo qualsiasi strategia di inclusione a lungo termine.
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La banalità del male: il freddo non fa distinzioni
Dal punto di vista giuridico, questo pattern ricorrente di restrizioni evidenzia non già episodi occasionali di inadempimento, bensì una prassi amministrativa consolidata in aperta violazione dei principi costituzionali e sovranazionali. La ripetitività delle condotte escludenti – anno dopo anno, inverno dopo inverno – configura una violazione sistematica degli obblighi di protezione della vita e della dignità umana, rendendo prevedibile e quindi colpevole l'insufficienza delle misure adottate con risvolti anche penali; anche gli esecutori delle circolari intrise di burocratese non sfuggirebbero al rischio di essere indagati e condannati per aver attuato regole in aperto contrasto con la legislazione vigente: a loro consiglierei intanto di leggere la “Banalità del male" di Hannah Arendt.
Ogni anno le autorità sembrano perseguire invariabilmente il medesimo obiettivo: ridurre il numero delle persone accolte attraverso l'introduzione di requisiti formali che nulla hanno a che vedere con l'effettiva condizione di bisogno. Si tratta di una strategia di progressiva restrizione dell'accesso ai diritti fondamentali che contraddice palesemente i principi di universalità, eguaglianza sostanziale e tutela della vita che contraddistinguono il nostro ordinamento giuridico.Il freddo però non distingue tra cittadini e stranieri, tra chi possiede documenti regolari e chi ne è sprovvisto, tra chi è considerato "stabile" sul territorio e chi non lo è. La condizione di bisogno estremo e il pericolo per la vita prescindono dallo status giuridico-amministrativo dell'individuo e dalla sua permanenza territoriale, ponendo interrogativi fondamentali non solo su ciò che siamo diventati – non dovevamo comportarci con gli altri in uno "spirito di fratellanza"? – ma anche circa i limiti dell'obbligazione statale di protezione e i confini dell'incriminazione per omissione di soccorso.
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Il quadro normativo sovranazionale
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo ricorda che "tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti" (art. 1), e afferma che sono dotati di ragione e coscienza e devono appunto agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. L'art. 3 sancisce il diritto alla vita quale diritto inviolabile di ogni essere umano, senza distinzione alcuna. Si tratta di una convenzione di soft law, giuridicamente non vincolante ma di grande importanza di principio. Diversamente, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), dal valore vincolante, impone agli Stati contraenti attraverso l'art. 2 un'obbligazione positiva di protezione della vita, che la Corte di Strasburgo ha costantemente interpretato come comprensiva del dovere di adottare misure concrete ed effettive per prevenire rischi alla vita di cui le autorità siano o dovrebbero essere a conoscenza. L'ambito soggettivo di applicazione della CEDU ricomprende chiunque si trovi sotto la giurisdizione dello Stato contraente, senza distinzioni basate sulla cittadinanza, sullo status di soggiorno o sulla territorialità della presenza.
L'art. 3 CEDU, che vieta i trattamenti inumani e degradanti, è stato interpretato dalla giurisprudenza europea come comprensivo della protezione da condizioni di vita che possano costituire un attentato alla dignità umana. Anche l'esposizione a condizioni climatiche estreme, senza adeguata protezione, può integrare una violazione dell'art. 3, indipendentemente dallo status legale della vittima o dalla durata della sua presenza sul territorio.
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Il sistema costituzionale italiano
Sul piano costituzionale interno, l'art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo "sia come singolo, sia nelle formazioni sociali", senza operare distinzioni basate sulla cittadinanza, sullo status di soggiorno o sulla stabile presenza in un determinato territorio. L'art. 32 Cost. tutela la salute come "fondamentale diritto dell'individuo", estendendo tale protezione espressamente anche allo straniero privo di permesso di soggiorno. La Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che tale diritto spetta a chiunque si trovi sul territorio nazionale, a prescindere dalla regolarità della presenza.
I diritti inviolabili, tra i quali quelli alla vita e alla salute, spettano dunque ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità, in possesso di certificati amministrativi o "stabilmente presenti" in un luogo, ma in quanto esseri umani, sancendo così il principio di universalità dei diritti fondamentali. L'art. 3 Cost., nel sancire il principio di eguaglianza sostanziale, vieta discriminazioni fondate su condizioni personali. Il criterio della "stabile presenza sul territorio" – concetto giuridicamente indefinito e di fatto arbitrario – quale condizione per l'accesso a prestazioni salvavita, configura una discriminazione irragionevole contraria al principio costituzionale di eguaglianza.
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L’obbligo di soccorso e le fattispecie penali
Sul versante penalistico, le circolari e la loro attuazione rischiano di costituire reato.
L'art. 593 c.p. configura come reato l'omesso intervento in favore di persona trovata in condizioni di abbandono o incapace di provvedere a sé stessa, quando tale omissione possa causare un danno alla persona. La fattispecie non contempla alcuna limitazione soggettiva relativa allo status giuridico della persona in pericolo, né alla sua provenienza territoriale o alla durata della sua presenza in un determinato luogo. Nel caso di soggetti esposti a temperature letali senza possibilità di riparo, l'obbligo giuridico di impedire l'evento ex art. 40 cpv. c.p. — secondo cui "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo" — si attiva in capo a chi rivesta posizioni di garanzia, incluse le autorità pubbliche competenti. La delibera comunale che esclude dall'accoglienza persone in stato di bisogno estremo sulla base di criteri meramente formali o territoriali non esime i pubblici ufficiali e gli enti locali dalla responsabilità penale per omissione di soccorso o per omicidio colposo ex artt. 40 cpv. e 589 c.p., qualora dalla negata assistenza derivi la morte o lesioni gravi della persona.
L'art. 328 c.p. punisce il pubblico ufficiale che indebitamente rifiuti un atto del proprio ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo. La negazione di assistenza vitale a persona in imminente pericolo di vita per mere ragioni documentali o per la presunta non territorialità della presenza potrebbe certamente integrare tale fattispecie. Anche dopo la recentissima riforma dell'art. 323 c.p. operata dalla legge n. 114/2024, che ha modificato in senso restrittivo la fattispecie di abuso d'ufficio, permane la rilevanza penale della condotta del pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle proprie funzioni, arrechi intenzionalmente un ingiusto danno patrimoniale o non patrimoniale ad altri, procurando a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale, attraverso la violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge. La negazione dell'accoglienza in violazione degli obblighi costituzionali e convenzionali di tutela della vita e della dignità umana potrebbe configurare, in presenza dei presupposti soggettivi e oggettivi della fattispecie come riformata, una condotta penalmente rilevante.
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Il principio di non discriminazione e il divieto di trattamenti disumani
Subordinare l'accesso a strutture di emergenza o a prestazioni salvavita al possesso di documentazione regolare o al criterio della "stabile presenza" configura una discriminazione arbitraria contraria agli artt. 3 Cost. e 14 CEDU, letti in combinato disposto con gli artt. 2 CEDU — diritto alla vita — e 3 CEDU — divieto di trattamenti inumani. Il criterio della "stabile presenza sul territorio", concetto giuridicamente indeterminato, non definito normativamente e rimesso alla valutazione discrezionale dei servizi sociali, non costituisce un elemento di differenziazione ragionevole ai sensi dell'art. 3 Cost. quando si tratta di tutelare la vita e l'incolumità personale. Il bisogno estremo e il pericolo per la vita sono condizioni oggettive che non ammettono graduazioni fondate su criteri territoriali o temporali. La giurisprudenza sovranazionale ha da tempo affermato che anche gli Stati che intendano perseguire politiche restrittive in materia di immigrazione devono farlo nel rispetto degli obblighi convenzionali, incluso quello di non esporre gli individui a rischi per la vita o a trattamenti contrari alla dignità umana. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ripetutamente condannato gli Stati membri per violazione dell'art. 3 CEDU in casi di allontanamento o di mancata protezione di persone esposte a condizioni di vita disumane.
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Il concetto di “bisogno primario”
La sopravvivenza in condizioni climatiche estreme costituisce un "bisogno primario indifferibile". La dottrina penalistica italiana ha elaborato il concetto di "stato di necessità naturale" quale causa di non punibilità per condotte altrimenti illecite, come il furto famelico o l'occupazione di immobile per necessità abitativa estrema. Tale elaborazione riconosce implicitamente che la tutela della vita e della dignità umana prevale su interessi patrimoniali o amministrativi. A fortiori, l'intervento pubblico a tutela della vita non può essere subordinato alla verifica dello status documentale o alla valutazione della "stabilità territoriale" della presenza quando il bene giuridico protetto è la vita stessa o l'incolumità personale in imminente e grave pericolo.
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Il primato dell’humanitas
La delibera della Giunta comunale di Bolzano, nell'escludere dall'accoglienza persone in condizioni di bisogno estremo sulla base di criteri formali e territoriali, configura una violazione del principio di proporzionalità: l'interesse pubblico alla "gestione ordinata" dei flussi di persone senza dimora o alla presunta prevenzione dell'effetto pull factor — argomento caro a chi vuole criminalizzare la solidarietà, non supportato da evidenze empiriche e già ampiamente smentito anche dalle sentenze in tema di diverse di soccorso in mare — non può prevalere sull'interesse individuale alla sopravvivenza e alla tutela della dignità umana.
Negare accesso a misure salvavita sulla base dell'assenza di documentazione regolare o del criterio della "stabile presenza sul territorio”, minacciando di deportazione gli altri costituisce, da un punto di vista giuridico, una violazione di trattati internazionali vincolanti quali la CEDU negli artt. 2, 3 e 14, una lesione della Costituzione negli artt. 2, 3 e 32, anche sotto il profilo di una discriminazione arbitraria contraria al principio di eguaglianza sostanziale, nonché l'integrazione di fattispecie penali previste dagli artt. 40 cpv., 328, 589 e 593 c.p.
Il diritto non può cristallizzarsi in formalismo burocratico, nemmeno se ispirato a logiche securitarie del tutto sganciate da dati oggettivi, quando è in gioco la vita umana. La dignità umana non ammette graduazioni basate su status amministrativi o su criteri territoriali: essa è propria dell'essere umano in quanto tale. Ogni diversa interpretazione tradisce non solo la lettera delle norme costituzionali e sovranazionali, ma il fondamento stesso della nostra convivenza basata sul primato dei diritti. Restiamo umani.
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Nicola Canestrini
Avvocato, dal 2001 è titolare di canestriniLex. Canestrini difende diritti fuori e dentro le aule con predilezione per la cooperazione penale internazionale; già professore a contratto all’Università di Ferrara, è ammesso ad esercitare quale difensore anche davanti alla Corte penale Internazionale dell’Aja.
Membro della Camera penale di Trento, che ha anche presieduto, ha fondato e coordina l’osservatorio “avvocati minacciati | endangered lawyers” dell’Unione delle Camere Penali Italiane, che si occupa di monitorare e promuovere azioni a favore di avvocati minacciati nel mondo a causa della loro funzione difensiva; è osservatore internazionale in processi contro human rights defenders.
Foto: Othmar Seehauser -
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E adesso magari un'analisi…
E adesso magari un'analisi del reato di immigrazione clandestina, dell'obbligo di identificarsi o del dovere costituzionale di lavorare.Ma perché offrire argomenti bilanciati se si possono ripetere argomenti dogmatici e unilaterali.
Aderire alla CEDU è stato uno degli errori più gravi nella storia della Repubblica Italiana. La Corte sta operando come un legislatore incontrollabile; è una parodia della giustizia e un attacco al sistema democratico. Pero nel nome c'è scritto "diritti umani" quindi deve essere per forza una cosa buona, come la Repubblica Popolare Democratica di Corea.
Antwort auf E adesso magari un'analisi… von SamuelV
Krass, was heute wieder…
Krass, was heute wieder alles sagbar geworden ist. Diese Kälte macht mir Angst.
Antwort auf Krass, was heute wieder… von pérvasion
Bei allem Respekt, Sie haben…
Bei allem Respekt, Sie haben keine Ahnung wovon Sie reden.
Ich gebe Ihnen ein Beispiel: Artikel 8 der Europäischen Menschenrechtskonvention besagt: "Jede Person hat das Recht auf Achtung ihres Privat- und Familienlebens, ihrer Wohnung und ihrer Korrespondenz." Der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte hat in diesem Artikel ein "Menschenrecht" gefunden, das aufgrund von Lärm den Bau einer Diskothek in der Umgebung verbietet. Es gibt scheinbar ein Menschenrecht auf eine diskofreie Umgebung.
Der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte ist außer Kontrolle. 7 Richter in Straßburg haben mehr Macht und Gesetzgebungsbefugnis als das demokratisch gewählte nationale Parlament.
Antwort auf Bei allem Respekt, Sie haben… von SamuelV
Zitat: “Der Europäische…
Zitat: “Der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte hat in diesem Artikel ein "Menschenrecht" gefunden, das aufgrund von Lärm den Bau einer Diskothek in der Umgebung verbietet. Es gibt scheinbar ein Menschenrecht auf eine diskofreie Umgebung”:
eine Diskothek hat in einer Wohn- und Schlafgegend auch nichts zu suchen.
Oder wollen Sie, Ihre Frau und Kinder direkt gegenüber einer Diskothek und mit Wohn- und Schlafzimmerfenstern zu deren Eingang und Parkplatz hin ‘wohnen’ (müssen)?
Frage bitte mit Ja oder Nein beantworten.
Verstehe das Recht kuschelig…
Verstehe das Recht kuschelig warm zu schlafen,verstehe aber auch die Plicht Holz zu hacken,und vor der Huette prunkvoll zu stapeln