Gesellschaft | La protesta

Contro la "Buona Scuola"

La Camera ha appena approvato il ddl voluto da Matteo Renzi. Un'insegnante ci spiega che cosa non va e perché occorre ancora lottare affinché non diventi legge.

Stefania Azzollini, insegnante di Scienze Naturali e di Sostegno, precaria GAE (Graduatorie A Esaurimento), lavora presso l'Istituto Tecnico Industriale "Giorgi" di Roma e sta seguendo con molta preoccupazione l’iter parlamentare grazie al quale è già stato approvato alla Camera il ddl sulla “Buona scuola” del governo Renzi. Le abbiamo fatto alcune domande per capire le ragioni della protesta degli insegnanti e in che senso questo provvedimento rappresenterebbe un attacco alla sostanza della scuola pubblica italiana.  

Le proteste contro il disegno di legge sulla “Buona scuola” hanno rinforzato in alcuni settori dell'opinione pubblica il pregiudizio che gli insegnanti non vogliano accettare alcuna riforma nel settore scolastico, che siano cioè dei conservatori. Lei come risponderebbe a questa accusa?
“Valutazione degli insegnanti”, “merito”, “riforme” sono gli slogan con cui il governo Renzi sta cercando di accattivarsi l’opinione pubblica e nello specifico l’appoggio di coloro che, pur non conoscendo affatto la realtà scolastica, sono erroneamente convinti che gli insegnanti siano una casta, una categoria di lavoratori privilegiata che lavora poco. Contemporaneamente, le stesse persone, poi, accusano la scuola di non riuscire ad adempiere ai suoi doveri educativi e formativi. Quindi, da una parte ci si richiede di essere più incisivi perché “inizia tutto dalla scuola” e, dall’altra, noi docenti godiamo di considerazione bassissima e nessun prestigio o riconoscimento sociale.

Ma il ddl in questione, mettendo di nuovo la scuola al centro dell’attenzione, non punta forse proprio a un miglioramento dello status sociale degli insegnanti?
Non penso proprio. Anzi, penso addirittura il contrario. Da insegnante, invito caldamente l’“opinione pubblica” a leggere attentamente quanto proposto nel disegno di legge approvato il 20 maggio alla Camera e a non fidarsi di quanto raccontato o promesso con slides o imbarazzanti video alla lavagna. Se di riforme vogliamo parlare, era stata già presentata al Parlamento una legge di iniziativa popolare (LIP per una Buona Scuola per la Repubblica) scritta da genitori, insegnanti, studenti e cittadini (http://lipscuola.it/blog/), tutte persone che di scuola vivono e di scuola sanno: non è mai stata presa seriamente in considerazione. E ora, rovesciando la frittata, i conservatori saremmo noi?

Sono molti i punti che qualificano in negativo il ddl?
C’è l’imbarazzo della scelta. E’ un ddl così pieno di criticità, al limite dell’incostituzionalità, da risultare inemendabile.

Quindi l’unica soluzione che lei intravvede è il suo ritiro?
Sì, andrebbe ritirato e riscritto daccapo.

Ma non funziona neppure il piano delle assunzioni, del quale dovrebbero beneficiare quasi 100.000 insegnanti?
Guardi, il piano delle assunzioni, è usato come vero e proprio ricatto o cavallo di Troia per far passare il resto della riforma (infatti alla richiesta di stralcio delle opposizioni, il governo si è opposto fermamente). Tutti i neoassunti, già in possesso dei titoli necessari per entrare “di ruolo” (mi riferisco agli iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento e vincitori concorso 2012), non saranno impiegati, come fino allo scorso anno, con titolarità di sede e per posizione in graduatoria data da servizio e titoli.

E se non verranno assunti dove finiscono?
Finiscono in un fantomatico albo territoriale da cui poi verranno “scelti” dal Preside, o come si dice ora dal Dirigente scolastico, con criteri vaghi e indefiniti. Senza voler per forza ipotizzare condizionamenti “illeciti” nella scelta da parte di “fattori esterni” - sono pur sempre ex insegnanti, cioè provengono da un mondo che io continuo a reputare “sano” (anche se vivendo in questo Paese, con un livello di corruzione imbarazzante, qualche sospetto penso possa essere legittimo) –, vorrei sapere tecnicamente come è possibile che una sola persona, il Dirigente scolastico, anche affiancato da un team comunque da lui scelto, possa essere in grado di analizzare i curriculum e i colloqui di tutti gli insegnanti inseriti nell’albo. Con che tempo? Con che competenze? In che modo?

Il punto più dolente è rappresentato dai criteri di selezione?
Senza dubbio. E lo posso chiarire con un esempio. Se un Dirigente scolastico di un Istituto Tecnico Industriale, laureato in Lettere, ha bisogno di un insegnante di elettronica. Che fa? Chiama tutti i docenti di elettronica? Tutti? E sa quanti sono, ad esempio, nella provincia di Roma? E con che conoscenze può valutare? Sa come finirà? Che chiamerà chi già conosce o perché ha già lavorato in quella scuola per puro caso, o perché “indicato” da amici, conoscenti o per passaparola. E le sembra che “i rapporti”, la conoscenza, “gli amici degli amici” siano un criterio valido, di merito? E chi sceglierà poi le donne in gravidanza o con figli piccoli, persone con la 104? Le graduatorie che tutti noi insegnanti abbiamo sempre odiato, in realtà, sono l’unico mezzo trasparente contro il caporalato.

E poi c’è la ghigliottina dei tre anni…
Infatti. Dopo tre anni, lo stesso Dirigente scolastico può decidere del tuo destino in quella scuola, confermandoti o condannandoti ad una nuova peregrinazione. Alla faccia dell’art. 33 della Costituzione che recita: “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento”. Ma accanto a questo scempio, ci sono poi numerose altre problematicità: la disparità di trattamento tra lavoratori neoassunti e di ruolo (questi ultimi colpiti però dallo stesso “destino” se in sovrannumero o se chiedono trasferimento di cattedra o territoriale), il completo svuotamento del potere decisionale del Collegio Docenti che viene solo “consultato” per l’elaborazione del Piano dell’Offerta Formativa, le deleghe in bianco richieste per materie delicatissime come il sostegno, la scuola dell’infanzia, gli istituti tecnici, un’alternanza scuola-lavoro dalle modalità oscure, il personale ATA [personale amministrativo - tecnico - ausiliario] nemmeno nominato e, ciliegina sulla torta indigeribile, le detrazioni fiscali alle scuole private, offendendo ancora una volta l’art. 33 della Costituzione. (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”). Hanno fatto proprio un bel lavoro, non le pare?

Eppure intanto il ddl, nonostante la grande opposizione del mondo della scuola, è già passato alla Camera. Sembra dunque che lo stile di governo di Renzi sia incontrastabile. Secondo lei le tradizionali forme di protesta hanno ancora modo di modificare le cose?
Le stiamo provando tutte. Tutte davvero. Scioperi, presidi, sit –in, persino scioperi della fame, è stato già proclamato il blocco degli scrutini… ma anche flash-mob che nascono continuamente e ovunque in modo spontaneo tramite social network. Stiamo bombardando di mail, di tweet, stiamo scrivendo a tutti, esponenti politici di maggioranza e opposizione. Sembra inutile, anche se noi continueremo ad oltranza. Ora il ddl passerà quasi certamente al Senato, poi dovrà essere firmato dal Presidente della Repubblica. Nel caso, si sta già pensando alla raccolta firme per un referendum abrogativo. E poi ci sono le elezioni regionali e ci aspettiamo che la maggioranza degli insegnanti che storicamente costituiscono molta parte del bacino elettorale del PD dirotterà altrove il suo voto. Sono già partite le campagne di boicottaggio del voto. Altri momenti di intervento ci sono, ma il vero problema è che la protesta degli insegnanti viene vista solo come “di categoria” e non come riforma contro uno dei settori chiave, che ha il compito di “creare il sangue” – come diceva Pietro Calamandrei – di una società. Non sciopero e lotto solo per vedermi garantiti i diritti di lavoratrice (cosa che già di per sé sarebbe nobile e giusta), lotto perché nel valore della Scuola Statale, libera e aperta tutti, che accoglie le differenze e non le trasforma in disuguaglianze, io ci credo fortemente. È per questo che ho scelto di fare l’insegnante.

Secondo lei i mezzi d’informazione stanno raccontando bene i motivi di questa mobilitazione? O, piuttosto, voi insegnanti vi sentiti un po’ soli?
Vorrei che i mezzi di informazione dessero a questo momento di impegno e di resistenza della scuola il giusto spazio. Durante la “riforma Gelmini” ci fu una forte mobilitazione della “società civile”, degli intellettuali, degli uomini di cultura. Oggi, mi chiedo, dove sono queste persone? Il giudice Imposimato, il giurista Rodotà, il prof. Canfora si sono apertamente schierati contro questa riforma. E tutti gli altri? Dove sono finiti?

Quali sono allora i problemi più urgenti della scuola e in che modo dovrebbero essere risolti?
Guardi, la cosa più urgente da fare sono gli investimenti. Mancano i soldi. In primo luogo i soldi. Mancano i soldi per fare tutto, per comprare la carta per le fotocopie, per fare i corsi di recupero, per pagare i supplenti. Ed è vero che questo governo, dopo tanti tagli, ha iniziato a metterceli un pochino di quei soldi. Ma non basta e non così.

Ma se lo Stato non è in grado di reperirli, questi fondi?
Sono convinta che sulla scuola e sulla sanità, uno Stato degno di questo nome abbia il dovere di trovare i fondi. Eppure proprio su scuola e sanità vengono fatti tagli su tagli con una progressiva tendenza a farsi “affiancare” dal privato. Io non ho competenze in campo finanziario e ho imparato, a differenza di coloro che hanno pensato e scritto questo ddl e che di scuola dimostrano di sapere poco, che non ci sono ricette facili. Ma due domande vorrei farle: come mai, mentre non si trovano soldi per la scuola statale, vengono puntualmente trovati quelle per le scuole private? Da dove vengono questi soldi che lo Stato ogni anno elargisce alle scuole confessionali? E poi… io, come molti altri docenti precari, veniamo ogni anno assunti a settembre e licenziati a giugno, lavorando spesso su cattedre vacanti. Questo significa che i posti ci sono e i soldi per pagarci anche. Con il sussidio di disoccupazione dei mesi estivi, non credo che in questi anni lo Stato abbia risparmiato poi tanto. Ci ha solo continuamente umiliato.

Per concludere: il quadro è così drammatico, oppure la scuola, così com’è oggi, cioè prima di essere riformata, ha ancora dei punti di forza?
La scuola pubblica italiana, con tutti i suoi limiti, è stata per anni sana e forte: scuola elementare d’eccellenza, abbiamo “sfornato” studenti capaci di pensare, tecnici preparati ad affrontare il mondo del lavoro. Poi una serie di politiche sbagliate, la mancanza di investimenti hanno progressivamente corroso quel potenziale. E i tagli della riforma Gelmini ci hanno completamente ridotto sul lastrico. Quindi ora occorre in primo luogo ripartire dagli investimenti, sia per mettere gli studenti nelle condizioni migliori per imparare, sia per creare un corpo docente coeso, unito e orgoglioso. E, se vogliamo parlare di valutazione, che valutazione sia: venga periodicamente un team di esperti, competenti nella materia che insegno, a verificare la conoscenza dei contenuti, sottoponetemi a test psicoattitudinali, valutate se posso interagire con degli adolescenti, se so lavorare in team, obbligatemi a corsi di aggiornamento continui. Io sono pronta.