“Questa follia va fermata”
Prima gli italiani, pure alla radio. La proposta di legge della Lega di riservare almeno un terzo della programmazione quotidiana alla produzione musicale italiana - “opera di autori e di artisti italiani e incisa e prodotta in Italia, distribuita in maniera omogenea durante le 24 ore di programmazione”, come si legge nel documento - sta tenendo banco in questi giorni, caso Diciotti permettendo.
L’iniziativa, che porta la firma del presidente della commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera ed ex direttore di Radio Padania Alessandro Morelli, fa discutere anche in Alto Adige. Subito sull’attenti la compagine di Südtiroler Freiheit che definisce la proposta un “attacco frontale alle stazioni radio di lingua tedesca e ladina, e ai diritti delle minoranze. Questa follia va fermata a tutti i costi”.
I programmi della ORF diffusi tramite la RAS - Televisione e radio per l’Alto Adige potrebbero non venire più trasmessi, avverte l’esponente di STF Sven Knoll che ha presentato un’interrogazione in consiglio provinciale e che chiamerà in soccorso - annuncia - anche l’Austria.
Il vicepremier Matteo Salvini ha però ora puntualizzato che “il governo non può imporre niente, ma se come in altri paesi europei ci fosse più attenzione, disponibilità e apertura per gli artisti italiani, i musicisti italiani e i calciatori italiani sarebbe anche un bene per la nostra cultura e lavoro in più. Ogni radio però si fa i suoi palinsesti e ognuno ascolta la musica che crede”. Pericolo scampato, per il momento.
Sono tendezialmente contrario
Sono tendezialmente contrario ad una regolamentazione (in quanto ci regolamentiamo gia fin troppo, e il protezionismo non mi piace) ma vorrei far notare che, se vogliamo salvare i canali pensati per le minoranze linguistiche, non sarebbe un problema definire qualche esclusione - per esempio per emittenti al di fuori della lingua nazionale.
Il concetto della regolamentazione musicale è comunque molto interessante sotto il punto di vista di garantire una certa visibilità a produzioni artistiche/musicali locali, e quindi lontane dal "mainstream" internazionale. Visto sotto questo punto di vista, diventa quasi una "affirmative action" per opere culturali con altrimenti visibilità minore, e per mantenere una diversità artistica europea.
Il Canada e la Francia, questa cosa delle quote di produzioni musicali in radio, l'hanno gia implementata, e mi ricordo personalmente, agli inizi delli anni 90, le urla e le grida verso il ministro francese che aveva avuto questa azzardata idea. In Francia le emittenti radio devono da allora trasmettere almeno il 60% di produzioni europee, e almeno il 40% di interpreti francesi. Lo scandalo iniziale è passato, la qualità raggiunta sembra abbia dato ragione al ministro, e tutti concordano sul fatto che questo meccanismo ha salvato sia gli artisti francesi che la musica francese in toto.
Anche la Francia, poi, ha inserito qualche esclusione al meccanismo di regolamentazione: sono escluse radio di musica classica (ovvio), ma anche le radio delle comunità minoritarie maghrebine e latinoamericane.
A chi fosse interessato - un (breve) articolo del 2002 tira le somme dopo i primi otto anni di implementazione di questa regolamentazione in Francia. Ma c'e anche Wikipedia, se si vuole.
https://www.faz.net/aktuell/feuilleton/musik-vorbild-frankreich-hoeren-…
Der STF geht es doch nicht um
Der STF geht es doch nicht um die Sache, sondern um gezieltes Streuen von Falschmeldungen, um die Suppe am Brodeln zu halten.