Il referendum sull'indipendenza riaccenderebbe la miccia del conflitto etnico
Il fatto che un movimento come Süd-Tiroler Freiheit sia riuscito a far votare così tante persone per il suo sondaggio travestito da referendum – tecnicamente non si è infatti trattato né di un sondaggio né di un referendum, bensì di un'operazione di marketing politico sapientemente spalmata nel tempo – è un risultato con il quale occorre confrontarsi seriamente.
Come primo spunto di riflessione – al quale sarebbe auspicabile ne seguissero altri, sempre più dettagliati – è doveroso segnalare un pericolo che potrebbe inquinare l'eventuale dibattito. Chi sostiene le ragioni dell'autodecisione su questioni geopolitiche tende a interpretarle come grande prova di democrazia. Ogni “popolo”, si dice, ha il diritto di decidere quale configurazione istituzionale adottare, e con ciò anche i confini dello stato in cui risiedere. Si tratta di un modo di pensare ingenuo e in realtà assai problematico, soprattutto considerando quei territori – com'è l'Alto Adige-Südtirol – che non hanno all'interno soltanto “un” popolo, bensì una fragile composizione di gruppi linguistici diversi. Se insomma valesse davvero il principio di sovrapporre l'unicità di un territorio a quella di un popolo (principio sicuramente più ottocentesco che postmoderno), il nostro territorio non sarebbe il luogo ideale per tentare simili equazioni. Perciò la via autonomistica è risultata vincente ed è riuscita ad assicurare pace e prosperità. Proprio perché si è dimostrata la soluzione migliore da applicare al problema costituito dalla presenza di più popoli, anche e soprattutto alla luce del loro passato estremamente conflittuale, all'interno di una medesima terra.
Dobbiamo pensare per questo che l'autonomia sia immodificabile? Al contrario. L'idea di una sua riforma, di un suo progressivo aggiornamento, può essere ancora vista come percorribile. E l'idea di una “convenzione” - legittimata dal parlamento territoriale che dovrebbe nominarla per poi stabilire in via preliminare le regole del gioco democratico che intendiamo in futuro adottare – non costituisce una negazione della democrazia, ma la sua più autentica applicazione. Per quanto nominalmente più democratica, la via referendaria – sospesa sul rifiuto dell'assetto autonomistico vigente e su una incerta visione del futuro indipendentistico (che solo gli sciocchi possono immaginarsi privo di problemi) – rappresenta una scorciatoia troppo azzardata. Chi si rifà ad esperienze lontane da noi (Scozia, Catalogna) sottovaluta il potenziale di scontro ancora acceso nel corpo della società sudtirolese. Basta pensare alle scintille prodotte da temi come la toponomastica per immaginarsi cosa succederebbe in un ipotetico “Stato libero del Sudtirolo”, in cui la lotta per l'accesso alle risorse non farebbe che innescare nuovamente la miccia etnica, oggi fortunatamente (ancora) bagnata.
Non è questione di democrazia
La questione dell'indipendenza non è all'ordine del giorno. Per la maggior parte dei Sudtirolesi, che alle urne hanno deciso di mantenere lo status quo e che non amano e non hanno mai troppo amato i cambiamenti radicali e i tagli netti (si rischia sempre di perdere qualcosa), la questione è fantascientifica, un utopia nera. Pure la Klotz non ci crede più (e che ruolo avrebbe la Klotz in un Sudtirolo „libero“?) Secondo me i furbacchioni dei partiti secessionisti e mezzo-secessionisti vogliono mantenere i loro seggi in giunta. Ci sono riusciti.
PS
Vorrei aggiungere: In una situazione di crisi la Klotz ha preso poco più di niente. Il 7 %, di cui metà frustrati, e qualche cafone convinto. In una situazione di degrado sociale e dopo 20 anni di Berlusconismo era proprio il minimo ottenibile. Se anche gli Altoatesini, cioè gli italiani, fossero andati a votare, il risultato sarebbe stato ancora più netto. Un fiasco per la Klotz, in realtà.
Campagna pubblicitaria
Concordo con Gabriele,
ma quale successo, se si sommano i voti dei partiti di opposizione di lingua tedesca che hanno appoggiato direttamente o non ostacolato questa campagna pubblicitaria non si arriva neppure a tale risultato. Oltretutto per come era stata presentata al pubblico ignaro è stata una operazione fuorviante, sarei curioso di conoscere il numero degli elettori residenti all’estero che ignaramente sono caduti nel tranello e hanno confuso questa iniziativa con il voto per corrispondenza per una consultazione referendaria non autogestita. Tutto ciò ha nuociuto pure ai sostenitori della cosiddetta democrazia diretta. Il concorso a premi abbinato alla campagna pubblicitaria ha evidenziato il loro proposito, legittimo senz’altro ma fuorviante.
Un esempio di cosa scrivono a livello nazionale
Sud Tirolo, referendum su “secessione” dall’Italia: “92% vuole unirsi all’Austria” - Il partito indipendentista di Eva Klotz ha indetto una consultazione, priva di valore legale, secondo cui migliaia di cittadini altoatesini sono favorevoli all'autodeterminazione - (continua) http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/13/sud-tirolo-referendum-sulla-…
Antwort auf Un esempio di cosa scrivono a livello nazionale von Luca Marcon
omg
die sind aber schon sagenhaft dämlich, oder?
lesen können, wäre für journalisten von vorteil. in der umfrage wurde gefragt, ob man dafür ist, eine abstimmung über den zukünftigen institutionellen rahmen südtirols abzustimmen. von einem etwaigen ziel (unabhängigkeit, angliederung an österreich ...) war nirgends die rede. bei einer solchen abstimmung könnte sich dann ja auch die mehrheit für einen verbleib bei italien aussprechen. 92% haben lediglich betont, dass sie eine direktdemokratische abstimmung wünschen.
Die alte Suppe des ethnischen Dissenses
Es geht hier tatsächlich nur darum die übel riechende Suppe des ethnischen Dissenses am Köcheln zu halten, weil dies bestimmte Parteien unbedingt zum politischen Überleben benötigen.
Un moderno melting pot
Non entro nel merito di autonomia vs. autodeterminazione, perché non ne ho la necessaria competenza. Vivo qui da pochi mesi. Ma anche a me sembra che sia un tema spinto più dalla politica - per immaginabili convenienze - che non dalla gente. Che intorno a me, ad esempio, trovo sempre civile e accogliente. E poi, 61.000 contro 500.000 non lo direi proprio un plebiscito.
Ma credo che ormai si dovrebbe cambiare prospettiva: vedere il Sudtirolo non più come enclave di una o più minoranze e/o maggioranze, ma come laboratorio plurilinguistico e pluriculturale, che salvaguardi le identità ma sappia aprirsi davvero.
Tra melting pot e difesa della razza, mi pare abbia fatto più strada, per fortuna, il primo.
Gute Frage, vielleicht weisst
Gute Frage, vielleicht weisst du auch die Antwort? Und wenn nicht, würde ich mir an deiner Stelle Sorgen machen.
Also, verkürzt und
Also, verkürzt und vereinfacht: Wenn ich dich hier richtig verstanden habe, Gabriele, ist ein Referendum die bessere Art der Demokratie, ist aber hier bei uns aber nicht anwendbar, da die Gefahr eines Referendums grösser wäre als deren Nutzen?