Kultur | Busoni 2025

"Una grande responsabilità"

La pianista torinese Saskia Giorgini racconta a SALTO la sua esperienza nella Giuria del Busoni, il celebre concorso per pianisti. La finalissima si terrà domenica 7 settembre al teatro comunale di Bolzano.
Concorso Busoni
Foto: Concorso Busoni
  • Saskia Giorgini, vincitrice del Premio Mozart a Salisburgo nel 2016, è una delle componenti della Giuria del Premio Busoni. La pianista torinese, oggi docente alla Anton Bruckner Privatuniversität di Linz, ci parla della sua esperienza, per lei un vero e proprio debutto.

    SALTO: Saskia Giorgini, le capita spesso di essere impegnata in giuria?

    Saskia Giorgini: A dire il vero è la prima volta. Ho detto di no a molti inviti in passato, ma al Busoni non potevo opporre un rifiuto: l’invito è stato per me un grande onore, si tratta del più importante concorso italiano, io poi amo molto la musica di Busoni, quindi per me è quasi simbolico.

    Come mai in passato non ha accettato inviti a far parte di una giuria?

    Perchè immaginavo (e il Busoni me l’ha confermato) lo straordinario impegno necessario, e temevo la responsabilità che ne deriva!
     

    Il concorso mi permise anche di conoscere e approfondire la musica di Busoni, che da allora amo e ascolto molto.

  • Saskia Giorgini: "Vivo molto intensamente il fatto di essere dall’altra parte ed essere una delle persone responsabili di tutto questo." Foto: Concorso Busoni

    Ci spieghi meglio cosa intende per responsabilità...

    Decidere chi è migliore di altri, chi passa e chi rimane indietro, è un peso e una responsabilità. Anche se in molti casi è evidente chi ha suonato meglio, per me dire “tu passi, tu no” mi costa moltissimo. È anche molto difficile parlare con gli esclusi, cosa che come giurati facciamo regolarmente. Provo molta empatia con tutti i concorrenti, anche perché i miei ultimi concorsi li ho fatti una decina di anni fa, ed è quindi un’esperienza ancora piuttosto recente. Ricordo bene le sensazioni e quanto tempo si investe nella preparazione: dedichi mesi e tutta la concentrazione a questo obiettivo e poi magari fai solo una prova e poi tutto finisce. Si rimane spiazzati. Vivo molto intensamente il fatto di essere dall’altra parte ed essere una delle persone responsabili di tutto questo.

    Il Presidente della Giuria Sir David Pountney ha detto, riguardo alla partecipazione al concorso, che oltre a conoscere “il vocabolario, la grammatica, la sintassi, ciò che conta alla fine è quello che vuoi dire”. Lei si riconosce in questa frase? E come si declina per un pianista “avere qualcosa da dire”?

    Facciamo un esempio: mettiamo che siamo 100 persone ad imparare lo stesso pezzo. Lo studiamo, dedichiamo due, tre mesi ad impararlo: ci sono tanti approcci possibili, e soprattutto da studenti ci sono anche molti canoni, regole su ciò che è permesso e non permesso. Oltre questo livello, c’è un discorso di personalità: per personalità intendo cosa è importante per noi, e che darà un esito diverso da persona a persona. Ciò che fa la differenza è trattare il materiale musicale come se fosse “vivo”, non semplicemente osservarlo, imparando le note fino a saperle suonare. La musica deve diventare parte di sé, una sorta di metabolizzazione, come se la stessimo riscrivendo: se questo succede, la musica prende vita, ed ogni elemento del testo risulta collegato agli altri come in un organismo vivente. C’è una grande differenza tra una semplice esecuzione e una creazione artistica su momento: se il processo che c’è dietro è asettico, e l’obiettivo si ferma ad essere precisi, suonare piano o forte, lento o veloce, al pubblico non arriva veramente l’essenza della musica. Io cerco qualcuno che faccia vibrare la musica e trasformarsi in un filo diretto tra la musica e chi la ascolta.

    Come funziona il lavoro della Giuria? Vi confrontate sui candidati o ognuno dà autonomamente la propria valutazione?

    Ci siamo confrontati solo all’inizio, in una riunione in cui abbiamo discusso i riferimenti artistici, i parametri e il metro di giudizio. Da quel momento in poi, però, ognuno ha elaborato la propria valutazione in maniera autonoma. In questo modo non ci sono influenze, è un modo per mantenere l’indipendenza di giudizio di ciascuno.

    Lei ha partecipato al Busoni nel 2015. Cosa ricorda di quell’esperienza?

    Ricordo sensazioni estreme: un caldo torrido, notti insonni. Io avevo fatto due prove, una la mattina presto, una la sera tardi, fu fisicamente impegnativo. Non durò molto, mi fermai prima della Semifinale. La città fu una bella scoperta, non la conoscevo. Ero anche un po’ disorientata perché all’epoca non parlavo tedesco e questa città bilingue mi sorprese. Il concorso mi permise anche di conoscere e approfondire la musica di Busoni, che da allora amo e ascolto molto. È un compositore non semplice da far accettare al pubblico, ma ha una sua cifra stilistica, una sua identità sonora molto definita: io sono un’interprete lisztiana, e Busoni in un certo senso è nato dalla musica di Liszt, dallo stesso misticismo.

  • Foto: Lucia Rosa Buffa
  • Saskia Giorgini sarà ospite questa sera (2 settembre) del primo degli incontri “Talk&more” dedicati al “Dietro le quinte” del Busoni. Assieme a Paul Herbst (Junior Jury) e Maria Teresa Wiedenhofer (Senior Jury) parlerà del lavoro di giuria in un incontro in lingua tedesca moderato da Clara Schwöllinger. Alle 18 al Chiostro dei Domenicani.