Ricercatori sempre più precari

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Da qualche mese i ricercatori italiani sono impegnati in forti proteste contro la nuova riforma dell’università. La Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha presentato un disegno di legge, approvato dal Governo lunedì 19 maggio, per cambiare le regole di selezione di ricercatori e docenti universitari, insieme ai contratti vigenti. L’attuale regime si basa sulle regole introdotte da Mariastella Gelmini, che prevedono un’abilitazione scientifica nazionale, rilasciata dopo il vaglio di commissioni nazionali, competenti per ogni diverso macrosettore disciplinare. Per accedere all’abilitazione i candidati, provenienti non solo dalle università italiane ma anche da quelle straniere, devono presentare un curriculum, in cui viene data grande importanza alle pubblicazioni scientifiche, a discapito, secondo i detrattori del meccanismo, di altre componenti fondamentali, come le capacità di insegnamento o gli altri contributi alla società (la cosiddetta terza missione). Il nuovo sistema, invece, dovrebbe introdurre una piattaforma telematica sulla quale indicare i propri requisiti minimi, prima di accedere ai concorsi per i posti, banditi dalle singole università.
Nel 2024 il 42% dei dipendenti, secondo i dati del ministero, erano assunti con varie forme di contratti a tempo determinato
La riforma, però, non tocca il vero problema dietro al settore della ricerca italiana, cioè la strutturale mancanza di fondi, che non consente a tutti i soggetti abilitati di accedere ad una cattedra o ad un laboratorio. Da decenni i ricercatori italiani si trovano a convivere con stipendi bassi, precariato e infrastrutture scarse, dalla riforma Gelmini, infatti, i posti a tempo indeterminato sono stati progressivamente sostituiti da contratti sempre più temporanei, arrivando a sfiorare quasi la metà dei contratti dei ricercatori: nel 2024 il 42% dei dipendenti, secondo i dati del ministero, erano assunti con varie forme di contratti a tempo determinato.
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Nella stessa giornata di sabato si è tenuto un corteo contro i tagli alla ricerca e a favore della causa palestinese. Foto: SALTO
L’inversione di tendenza sembrava essere arrivata con il Governo Draghi, che, mediante la legge 79/2022, aveva abolito gli assegni di ricerca, i ricercatori a tempo determinato di tipo A e B, per sostituirli con il contratto di ricerca, una forma molto più tutelante per i lavoratori del settore, con malattia, ferie, tredicesima e contribuzione, anche se ancora a tempo determinato. Proprio per le sue tutele, però, il contratto di ricerca risulta essere molto più costoso, ma alle università non sono stati aumentati i fondi, se non attraverso alcune misure del PNRR, in scadenza per la fine del 2026. Da quando, poi, si è insediato il Governo Meloni ci sono state molte proroghe dei vecchi contratti, mantenendo, di fatto, una situazione di costante precarietà, che il disegno di legge Bernini non intende ridurre, ma, al contrario, acuire, con la cancellazione del contratto di ricerca e la sua sostituzione con nuove borse di studio a tempo determinato, e l’introduzione di figure come il professore aggiunto, con contratto variabile da tre mesi a tre anni.
Per le sue tutele, però, il contratto di ricerca risulta essere molto più costoso, ma alle università non sono stati aumentati i fondi
Nonostante gli scioperi delle organizzazioni di dottorandi e ricercatori il tema non è stato trattato al Festival dell’Economia di Trento, dove la Ministra Bernini ha tenuto sabato 24 maggio una veloce conferenza, insieme alla Rettrice del Politecnico di Milano Donatella Sciuto. Alle accondiscendenti domande di Simone Spetia, giornalista del Sole24ore, la Ministra si è limitata ad illustrare il ritorno della distensione dei rapporti con il suo omologo francese, reo di aver voluto circoscrivere un’iniziativa europea per attrarre ricercatori internazionali alla sola Francia, mentre non c’è stata condanna per l’operato del Presidente americano Donald Trump: in questo caso Bernini ha solamente ribadito che la linea trumpiana per le università non corrisponde a quella italiana ed europea. Bernini si è poi appellata proprio all’Europa, per una richiesta di maggiori fondi, nascondendo, invece, le cifre italiane dietro allo schema, ormai consueto del Governo, di indicare i valori assoluti della spesa senza rapportarla al PIL. Ma mentre la rettrice Sciuto faceva notare che un ricercatore straniero, costretto ad andarsene dagli USA, visto l’attuale clima, potrebbe essere più attratto dagli stipendi degli altri paesi europei, fino a tre o quattro volte maggiori rispetto a quelli italiani, la Ministra ha riesumato, come elemento di attrattività, il ritornello, di berlusconiana memoria, sulla qualità della vita in Italia, legata soprattutto alle bellezze del paese.
La Ministra ha riesumato, come elemento di attrattività, il ritornello, di berlusconiana memoria, sulla qualità della vita in Italia. Foto: Festival dell'economia di TrentoPoco importa se in questo scenario l’Italia difficilmente riuscirà a vincere la gara con gli altri paesi dell’UE nell’attrarre talenti, mentre il saldo di coloro che si formano qui e partono oltreconfine rispetto a chi torna o arriva rimane negativo, perché la Ministra, incalzata, sul finire, da una giornalista che chiedeva chiarimenti sulle proteste per gli stipendi dei ricercatori, ha ammesso, stizzita, che di stipendi non avrebbe parlato, poiché parlano i numeri...Basta non specificare quali. Durante il panel ha, invece, dato la colpa della non flessibilità ai sindacati di categoria, incapaci di comprendere che la rigidità dei contratti potrebbe allontanare milioni di fondi europei per la ricerca, omettendo che negli altri Stati UE il periodo di tempo prima di arrivare ad una stabilizzazione è di molti inferiore a quello italiano, che solitamente si aggira intorno ai 12-13 anni di precariato.
Negli altri Stati UE il periodo di tempo prima di arrivare ad una stabilizzazione è di molti inferiore a quello italiana
Nella stessa giornata di sabato a Trento si è tenuto un corteo contro i tagli alla ricerca e a favore della causa palestinese, organizzato da Intifada Studentesca e dal Collettivo Universitario Refresh. Mentre anche Elly Schlein, presente al Festival venerdì 23 maggio, ha espresso la propria contrarietà alla riforma e, interrogata sul tema, ha detto: “Il PD si opporrà strenuamente alla riforma Bernini, la situazione nazionale ed internazionale, infatti, richiede un potenziamento delle reti tra infrastrutture, università e imprese in un grande piano industriale, purtroppo assente nei progetti del governo”.
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